Birthday

E’ stato il compleanno più triste di sempre: entrambi ammalati e separati dalla cautela. Anche il compleanno di tua nonna è stato triste. Mi hanno inviato le foto della festa su whatsapp: è l’unica cosa che rimarrà dei suoi ’80 anni, il sorriso di chi si scopre circondato dall’affetto di figli e nipoti. Io avevo la febbre ed il malessere delle assenze, la tua in particolare che brucia ogni volta per essere viva, presente: qualche altra è un rumore sordo che quando il calendario si tinge di rosso, diventa nostalgia e rassegnazione infine.

Bazinga è di qualche anno fa, è la sintesi dei nostri ritagli di tempo, ed è anche quello che mi hai detto al ritorno da quello che è il futuro che hai scelto, dal Dipartimento di Fisica di Roma ‘Tor Vergata’, una scritta su una lavagna a conclusione di una serie di equazioni. Ovviamente sai che ne sono orgoglioso.

“Realizzerà i tuoi sogni”, mi ha detto un amico.

“Io ho una teoria, ci sono due tipi di ragazzi, quelli che vogliono diventare astronomi e quelli che vogliono diventare astronauti: l’astronomo, o il paleontologo, si mettono a studiare queste cose incredibili da una posizione totalmente sicura.”

“Però così non vanno mai nello spazio!”

Io non sognavo di andare nello spazio. Sono cresciuto negli anni ’80 e gli anni ’80 erano per un ragazzino le lotte spaziali tra Ufo Robot, Goldrake e Mazinga. Lo spazio era il pane dell’immaginazione d’una intera generazione, nata mentre l’Apollo XI portava i primi uomini sulla Luna. Io volavo a bordo delle aquile di Spazio 1999: la tecnologia mi affascinava, ma quello che mi appassionava era capire se fosse possibile che una esplosione nucleare avesse una potenza tale da spingere la Luna fuori dall’orbita terrestre. Scoprire sui libri che la Luna si allontana di 4 cm ogni anno, e soprattutto capire i meccanismi che sono alla base di questo allontanamento fu più appassionante che immaginarsi Koenig al comando della base lunare Alpha. Non c’è bisogno di alcuna esplosione nucleare, lo sai, basta cambiare la velocità di rotazione di due corpi, il ritmo di una danza che dura da 4 miliardi e mezzo di anni, o da 18, per allontanarsi.

Il passo dall’astrofisica alla filosofia è sempre stato brevissimo. La prima volta che ho messo gli occhi all’oculare di un telescopio, un 8 pollici della Celestron, non quello con il quale giocavi da bambino che di pollici ne aveva 12, ho puntato dapprima la nursery di M42, poi Saturno che offriva una vista meravigliosa dei suoi anelli e di Titano, Giapeto ed Encelado: è un tour al quale su scala astronomica, sarebbe sufficiente prendere Easy Jet. M42 è a 1270 anni luce, Saturno nel giardino di casa. Eppure a me sembrava di spiare Dio vestito di un Jeans all’opera con la gravità e un impasto di polvere e idrogeno molecolare, e Crono spodestato da Zeus imprigionato in un carcere di cui gli anelli erano le sbarre e Titano, Giapeto ed Encelado i guardiani, o un padre single che provava a tenere a bada i moti centrifughi d’una famiglia.

“La più amabile, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia. L’uomo s’innalza per mezzo di essa come al di sopra di se medesimo, e giunge a conoscere la causa dei fenomeni più straordinari”, scriveva Leopardi.

“Eravamo i primi umani a vedere il mondo nella sua maestosa totalità, un’esperienza emotivamente intensa per ciascuno di noi. Non dicemmo nulla l’uno all’altro, ma sono sicuro che i nostri pensieri fossero identici. Le nostre famiglie su quel globo rotante. E forse condividemmo un altro pensiero che ebbi allora… “questo deve essere ciò che vede Dio”, scriveva Frank Borman il comandante di Apollo 8, la prima missione in cui un’astronave con equipaggio ha volato orbita attorno alla Luna.

Servirebbe la poesia a descrivere l’incontro tra il senso della vista ed il sentimento del mistero. Io me la cavo con una canzone, Place We Were Made di Maisie Peters, e aspetto che ti svegli per dirti ora che sei a casa, ” Buon compleanno Co'”


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