
“Papà cos’è lo spread?”
Greta non sapeva in quale guaio si cacciava. Spiegare lo spread ad una ragazzina di 11 anni non è cosa facile. Non so cosa le resterà di una caterva di termini di tecnici e del tentativo di spiegare la loro interdipendenza ed il loro dispiegarsi nella vita d’uno Stato e delle persone.
“Come faccio a convincere gli investitori ad acquistare titoli del debito pubblico italiano a fronte del rischio di un debito pubblico tra i più alti del mondo?” Conny, che ha qualche anno in più, ha accennato alla necessità di politiche virtuose, ad un utilizzo della fiducia capace di ridurre l’indebitamento. E, nella stessa ottica, ha pensato alle necessità di aumentare l’imposizione fiscale. A quindici anni sarebbe impossibile pretendere di più, pensare che si possa conoscere l’effetto della pressione fiscale sul PIL in un mondo globalizzato. Questo per dire di quanto è complesso il funzionamento dell’economia e difficile spiegarla: avrei fatto meglio forse a proporre di guardare un film degli Avengers.
Ovviamente ho portato in questo racconto la mia ideologia. Avranno tempo per valutare criticamente questo contributo alla loro educazione, e magari decideranno che rispetto alla complessità del mio racconto, la semplificazione sovranista si lascia preferire. Gliel’ho pure accennato. Non mi pareva corretto tralasciare un accenno all’esistenza di racconti più semplici. Uno l’ho ascoltato ieri mattina. E’ un racconto che nel Meridione va per la maggiore, sia perché ha innegabili conferme nel vissuto quotidiano d’ognuno, sia perché è coerente con l’animus meridionale da sempre incline ad una certa misura di deresponsabilizzazione. Si parlava di raccomandazioni. Il racconto diffuso è che “il diritto di Gibilisco è ereditario: suo padre era medico, suo nonno anche. Suo fratello, morto l’anno prima, era, naturalmente, farmacista”. Sturno è più a nord di Eboli. Qui si è cristiani, e si è fascisti, per lo più, o liberali o socialisti, ma sempre, sia pure non sempre in maniera consapevole, riverenti nei confronti del “barone Nicola Rotunno, di Avellino, uno dei più ricchi proprietari della provincia”, podestà, sindaco, sindacalista, parlamentare.
Per questo oggi abbiamo studiato lo spread, perché mio padre non era medico, e mio nonno neppure, perché “Greta sarà difficile che a scuola ti spieghino qual’è la differenza tra debito pubblico e deficit, e magari, a parte altri discorsi che è prematuro fare, ai test di ingresso a medicina conoscere cos’è lo spread ti tornerà utile”. La mia tesi insomma è che la raccomandazione esiste, ma che farne la pietra angolare dell’educazione serva proprio a rendere ereditario il diritto di Gibilisco. La mia ipotesi è che l’impegno premi, che la cultura serva, se non altro ad evitare altre perdite di tempo a discutere del fatto che “sono tutti raccomandati”.
“Si’ dice, ‘si’ pensa”, pensavo. “Il Si rappresenta il conformismo e la sua riproduzione ad ogni livello. Quando si trova in questa dimensione, l’uomo si nasconde dietro agli altri ed agisce secondo la logica del “si dice”, “si fa”..etch. Il Si ha infatti la funzione primaria di sgravare l’essere da responsabilità e scelte, in pratica asseconda la tendenza, sempre presente e più o meno evidente, a prendere le situazioni alla leggera in modo tale da evitare il più possibile problemi indesiderati. Da notare che per Heidegger il Si, fa parte del nostro essere quotidiano: non è cioè qualcosa da disprezzare in quanto tale, poiché tutti ne siamo permeati e ci è indispensabile per sopravvivere. Il problema sorge quando questo modo di sopravvivenza si impone come vera e propria modalità di vita, rendendo l’uomo schiavo del suo contesto ed incapace di opporsi quando serve ad alcune abitudini conformiste dannose. Ecco quindi che se il Si prende il sopravvento, l’uomo perde la sua autenticità. In che senso? L’uomo è l’unico essere vivente capace di verità, l’unico in grado di porsi le grandi domande dell’esistenza: la sua natura più autentica gli impone quindi di proseguire su questo cammino ed indagare e mettere in discussione la realtà. Ogni volta che mettiamo da parte questa nostra possibilità, perdiamo autenticità, fino a ridurci a semplici burattini il cui “se stesso” è stato sostituito da un “si stesso”, scrive Daniele Frisio.
Ieri sera mi facevano osservare come la mia presenza, anche quella sui social, sia sempre più episodica. Non amo la chiacchiera. Se è vero che il linguaggio è ciò che ci ha reso uomini come afferma Robin Dunbar in “Dalla nascita del linguaggio alla babele delle lingue”, il linguaggio fine a se stesso, la sua sterile ripetizione, mi è insopportabile. La chiacchiera, per Heidegger, se in una certa misura è connaturale all’uomo, è la patologia dell’uomo inautentico e dei tempi contemporanei. E’ diventata una chiacchiera anche la vicenda della professoressa Rosa Maria Dell’Aria, rea di aver sollecitato il senso critico dei suoi studenti https://www.corriere.it/caffe-gramellini/19_maggio_18/dell-aria-che-tira-660d988c-78d6-11e9-8596-c65b94f06070.shtml, e sospesa per questo dall’insegnamento. In rete si leggono commenti del genere: “Solo una sospensione di 15 giorni ? Pseudo docenti del genere, dovrebbero essere cacciati letteralmente a pedate dalla scuola”. Immagino che l’autore, e gli altri che hanno speso tempo ad incensare la sospensione della docente, abbiano mandato i loro figli a catechismo, e non abbiano avuto nulla da ridere sul racconto della Genesi e su quello della Resurrezione, consapevoli della possibilità, se non della inevitabilità, di una rilettura critica del racconto bibblico appena varcata la soglia dell’adolescenza. Credo insomma che qualsiasi insegnamento, anche quello di materie con maggiori pretese di scientificità, abbia inevitabilmente una ideologia, e che insegnare a dei quattordicenni “uno dei momenti più bui della storia italiana del secolo scorso collegandolo alla drammatica attualità che vede oggi l’intera Europa, impegnata in un disdicevole tira e molla sull’accoglienza dei migranti che, mentre tutti provano a ignorarli, scompaiono a migliaia tra le onde del Mediterraneo” sia una nota di merito.
Il mio docente di storia e filosofia al liceo, Aquilino Sforza, era convintamente democristiano, e ferocemente anticomunista, cosa che non gli impedì di parlarci diffusamente della rivoluzione d’ottobre né della validità del materialismo storico come strumento ermeneutico. Io per contro non ho convincimenti forti, non ho compreso tutto come l’uomo di Heidegger gettato nel mondo. Ho l’aspirazione ad essere autentico, e mille dubbi, e di tale aspirazione, e dei dubbi sono debitore anche di quegli insegnamenti. Il mio docente di italiano e latino era invece un sacerdote e Ovidio, Pasolini e Moravia dei porci di cui fare semplicemente a meno. Aver passato più di un decennio della mia vita senza leggere una pagina di Pasolini è uno dei miei crucci, e la letteratura latina una delle mie lacune. Lacune irrimediabili come le sterili chiacchiere perché nihil est annis velocius.
Perciò, “li scusi, prof, ci scusi tutti per l’omesso controllo delle nostre parole. Che se poi si estendesse lo stesso scrupolo alla scolaresca di governo, il professor Conte andrebbe sospeso a divinis.”