
Una serata difficilissima, come ogni Natale. Lo spirito del Natale passato ogni anno viene a trovarmi, e non serve sbarrare porte e finestre. Sono allergico all’agrifoglio. E lo spirito del Natale passato è indubbiamente sadico che’ strofinandomi l’agrifoglio sulla pelle in modo che le cicatrici prendano fuoco non ha alcun intento didattico. Egli -Dickens usa il pronome neutro it, ma il mio spirito è indubbiamente il fantasma d’un uomo, forse per le reminescenze dantesche nascoste in quale abisso dell’ippocampo- credo si nutra della sofferenza emotiva che riesce a provocarmi, e come It, il pagliaccio di Stephen King, si risveglia ogni dodici mesi. La notte di Natale, quella che per migliaia di bambini è il regno di Babbo Natale, per me è un viaggio a Castel Rock, una piccola città del Maine, nel negozio delle Cose Preziose.
Leland -o era Hamlin? Ed il negozio era quello delle Cose Preziose, o era Safarà?- mi ha regalato la cartolina d’un Natale, uno dei tanti che non ho fotografato e che mi mancano da morire. C’era, nella fotografia, un salone in penombra con al centro quel tavolo laccato degli anni ’70 che mia madre tiene, scolpito e sgangherato, in un angolo del suo salone, e che cura
come una reliquia, amorevole e premurosa, senza tuttavia che quel tavolo si senta altro che un forestiero. Nell’angolo c’era l’abete con le decorazioni, e piattini d’ottone che reggevano ognuno una candela. Un racconto di Natale senza l’albero che gli appartiene sarebbe un racconto diverso, la fotografia d’una cena come tante, incapace di penetrare la corazza della pelle. Nella cartolina Leland aveva immaginato anche i doni impacchettati sotto l’albero, confidando che la vaghezza del sogno mi facesse dimenticare che nelle mie fotografie i doni erano all’interno di una calza appesa al focolare nella notte della Befana, e non avevano il logo di Amazon sul messaggio d’auguri.
Prima che si affermasse l’usanza dei regali natalizi ai bimbi, ai quali, in un’epoca in cui la pubblicità era rara, ed il bianco e nero faceva sembrare Babbo Natale con la zimarra rossa ornata di pelliccia simile ad un pappone dell’Hip Hop, e dunque poco credibile come benefattore, si raccontava che li aveva portai Gesù nella notte, erano i Re Magi ad assolvere a tale funzione la notte dell’Epifania. I Re magi con la Befana hanno a che fare solo per un’aferesi. Epifania dal latino epiphanīa, proviene dal greco ἐπιϕάνεια, in origine aggettivo neutro plurale, «(feste) dell’apparizione» e quindi «manifestazione (della divinità)», da ἐπιϕανής «visibile», der. di ἐπιϕαίνομαι «apparire» , diventa dapprima Pifania, poi Bifania, Befania, e infine Befana: “tentativo evidente di cristianizzare l’inquietante personaggio femminile trasformandolo nella personificazione femminile della festa”, dice l’ottimo Cattabiani. L’inquietante personaggio femminile era quello di Madre Natura che, “giunta alla fine dell’anno invecchiata e rinsecchita, prima di morire offre dolciumi e regalini che altro non sono, simbolicamente, se non i semi grazie ai quali riapparirà nelle vesti di giovinetta Natura”.
La Befana mi spaventava. Avevo visto un folletto nell’orto dietro casa. Una visione fugace, con la coda dell’occhio, che però non era sparita quando mi ero girato a guardarla, prima che corressi via terrorizzato. E la Befana, nelle mie fantasie infantili, doveva essere proprio la donna che aveva partorito un mostro del genere. La Befana smise di spaventarmi quando davanti alla mia camera da letto mi fece trovare una sedia da cucito, troppo grande per stare nella calza, e incredibilmente somigliante a quella di cui mia madre parlava da tempo a mio padre. Era tempo che smettessi di credere alla favole, e ai sogni. Mio padre pensava che il bambino fosse cresciuto, e non c’era Amazon cui affidare gli ultimi auguri dell’infanzia, c’era una sedia ed il silenzio e il freddo di quella mattina d’un lontano gennaio. Provo quella sensazione ogni anno, la notte di Natale. E come Pink, non riesco a spiegarla.
Mi sono risvegliato con la febbre. Lo ha notato Greta stamattina guardandomi mentre apriva il pacco dei colori della Crayola e osservava il logo di Amazon sul messaggio d’auguri. Dimentico sempre che lei prima d’essere mia figlia, è una donna che si allena ad essere madre e amante. E’ per questo che gli occhi delle donne sono più precisi di ogni tecnologia.
“Papà ma Babbo Natale ora i regali li prende su Amazon?”
“Sarà che con tutti i suoi acciacchi, e con le renne affamate di licheni…i licheni stanno scomparendo per il riscaldamento globale, sai Greta. Un’altra cosa di cui dovrei chiederti scusa…Ecco, insomma, Babbo Natale i regali li fa consegnare da Amazon, ma stanne certa, su quella carta ci sono ancora le impronte degli elfi”
Gli elfi hanno le impronte digitali? Sulla cartolina di Leland c’erano le impronte digitali di quel Natale che non fotografai. C’era mio nonno e mia nonna, c’era mio padre, e c’era Rosaria.
“Ma come si può festeggiare il Natale quando ti manca un pezzo di vita?”
“La vita, questa, ce la siamo costruita io e te, e per certi versi segnata. Perché ogni cosa bella, e anche il Natale, soprattutto il Natale, rende visibile un’ombra, tutte quelle sedie vuote alla tavola imbandita per la cena di Natale, le ombre di quello che eravamo. Dipende dall’angolo dal quel guardi la fotografia, se la osservi con la ragione o con il cuore, se con i ricordi o le speranze”
“Le scelte sono sempre difficili, e includono rinunce. La nostra ha ridato a te la vita che volevi. Tutto sommato, siamo profondamente simili, e irrimediabilmente diversi”
“Si, tuttavia, ora, a distanza di anni, posso dire che nelle difficoltà si trova il seme della bellezza. Nella mia vita c’è una bellezza che inebria, e incendia, e costa fatica”
“Lo stato migliore della vita non è essere innamorati, ma stare tranquilli. Per te la tranquillità è noiosa. Forse è questa la tua natura”
“Quella natura che è riemersa è una natura frammentata. Forse Schopenahuer mi descrive abbastanza bene, E forse tra qualche anno scelgo la vita religiosa, alla vita avventurosa”
“Non ci credo”
Non ci credo neanch’io. Ma mia sorella mi ha regalato un trattamento per la caduta dei capelli.