Ndasuunye è un ragazzo africano che ogni mattina viene a pulire il mio ufficio. Uscirà tra sette mesi. Ci siamo dati appuntamento fuori per scattare qualche foto, e per parlare del suo Paese. Parlare è un predicato difficile tra me che parlo inglese, e lui che parla francese, un predicato al quale l’italiano è appena sufficiente per raccontare la sua storia. E’ Ndasuunye che mi ha fatto conoscere il Niger. Prima di Ndasuunye il Niger era una macchia colorata della cartina politica dell’Africa, ed un fiume. Dopo Ndasuunye, Il Niger è diventato uno dei Paesi più poveri al mondo, con un territorio per 2/3 desertico, con un PIL pro capite, a parità di potere di acquisto, che non supera i 1200 dollari l’anno, un tasso di mortalità infantile altissimo (81,1 decessi ogni 1000 bambini al di sotto di un anno), un tasso di crescita della popolazione del 3,19% (in Italia è dello 0,19%) che porterà la popolazione a raddoppiare nei prossimi decenni, un tasso di alfabetizzazione (la capacità di leggere e scrivere) del 19,1%, una speranza di vita che non supera i 60 anni, l’HIV, la malaria nella parte meridionale del Paese, un’economia prevalentemente agricola, e un territorio ricchissimo di risorse. “Dopo cinquant’anni di sfruttamento, non abbiamo ancora capito se l’uranio sia una benedizione o una maledizione per il Niger” si chiedeva Almoustapha Alhacen, presidente di Aghir In’man, un’associazione che dal 2001 si batte per una più equa ridistribuzione dei proventi dell’industria estrattiva nel paese. Il Niger è il quarto produttore di uranio al mondo. L’estrazione è per lo più controllata da Areva, leader mondiale dell’energia nucleare civile controllata all’80% dallo Stato francese. Le risorse del Paese sono in mano ai francesi, mi spiegava Ndasuunye: “L’uranio nigerino illumina una lampadina su tre in Francia, mentre in Niger oltre l’80% della popolazione non ha accesso alla corrente elettrica”. Ndasuunye proviene da un villaggio dove la produzione di energia elettrica è affidata ad un generatore alimentato dalla nafta: “abbiamo la luce dalle 8 della mattina alle 8 della sera, e non tutti i giorni perché la nafta costa”. Il Niger è ricco anche di petrolio. Ndasuunye è dovuto fuggire dal Niger perché minacciato per essersi opposto a questo nuovo colonialismo. E’ fuggito in Libia, insieme alla sua famiglia. In Libia è rimasto 7 anni. “Una vita normale” racconta, “poi è arrivata la guerra voluta da Sarkozy. Ho rimandato mia moglie e i miei 3 figli in Niger, dai parenti, e sono fuggito in Italia. Ora la situazione è un poco migliorata, ma non so se potrò tornare”. Nel 2010 in Niger c’è stato un golpe militare che ha deposto il presidente Tandja Mamadou che aveva trasformato una repubblica semipresidenziale in una dittatura. Il suo successore è Mahamadou Issoufou. Il governo di Issoufou viene accusato dai suoi oppositori di appropriarsi di buona parte dei proventi dell’uranio destinati alle casse dello Stato. Nel 2017, grazie alle rivelazione del giornale nigerino Le Courrier, le accuse si sono trasformate in due inchieste, una in Niger, e una in Francia. E’ facile prevederne gli esiti.
E poi ci sono i cinesi che “riconoscono maggiori royalties sull’estrazione del petrolio, ma non fanno lavorare i nigerini, utilizzando manodopera cinese. E noi di lavoro abbiamo un disperato bisogno…di lavoro e di investimenti, di energia elettrica e di acqua”. Nel 2016 la Cina ha donato al Niger il più grande ospedale del Paese, costato 68 milioni di euro. “Saluto l’eccellenza della cooperazione fra la Cina e il Niger” ha dichiarato Issoufou nel corso della cerimonia di inaugurazione. Numerose sono le imprese cinesi attive in Niger, sia per quanto riguarda l’estrazione del petrolio nella regione di Diffa, sia per la raffinazione nella regione centrale del Paese. Ad ottobre 201 il Niger ha autorizzato un’azienda cinese a lanciare prospezioni alla ricerca di uranio nel Nord del Paese a fronte di un investimento di circa 5 milioni di dollari in 3 anni. Ed il Niger è solo l’ultimo Paese africano ad essere fatto segno di attenzione da parte di Pechino. “L’Africa rischia di diventare una colonia cinese” affermava il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Ma l’Africa non rischia di diventare una colonia cinese, già lo è. La Cina è il primo partner commerciale dell’Africa. Pechino ha investito oltre 60 miliardi di dollari in Africa in cambio di risorse naturali. Ed è l’ottavo paese per numero di unità militari che partecipano a operazioni di peacekeeping dell’Onu in Africa, con presenze in Mali, Sud Sudan e, soprattutto, in Nigeria. Cooperazione militare che va a braccetto con l’esportazione di armi.
E po ci sono gli italiani. “L’uranio sta trasformando il Niger da uno degli stati più poveri del mondo in un paese da boom economico”, scriveva il New York Times nel 1972. Il New York Times raccontava di italiani, francesi e tedeschi che erano già sul campo per fare affari. “Quasi cinque decenni dopo il Niger è ancora uno degli stati più poveri del mondo e americani, francesi, tedeschi e italiani si intrecciano, talvolta alleandosi talvolta facendosi concorrenza, per il controllo di quel paese. Nel frattempo sono stati fatti profitti da boom, finiti regolarmente fuori dal paese, e, come sappiamo, il sessanta per cento degli abitanti del Niger vive al di sotto della soglia di povertà. Potenza della crescita economica”, scrive Senza Soste. In Niger ci sono una quarantina di soldati del team di ricognizione italiano, accampato nella base americana di Niamey, la capitale del Niger con alla testa il generale di brigata Antonio Maggi: avrebbero dovuto preparare il campo all’arrivo di 470 uomini, 130 mezzi militari, e 2 velivoli, da utilizzare nell’addestramento delle truppe locali per contrastare i migranti provenienti dall’Africa sub sahariana e i gruppi terroristici. Il 21 gennaio 2018 “c’era una foto su uno dei quotidiani di Niamey. In prima pagina si legge ‘alpini paracadutisti’, con una baionetta che spunta tanto per ricordare l’essenziale”, scriveva il missionario Mauro Armanino. Gli italiani non sono ancora usciti dalla base americana, vittime a quanto pare della rabbia di Parigi che non ha digerito il mancato appoggio militare italiano all’intervento contro le forze jihadiste in Mali del 2013, e dell’ostilità del governo nigerino legato a doppio filo a quello francese. I francesi nell’area del Sahel hanno oltre 4000 uomini. In Niger oltre ai francesi e un piccolo contingente tedesco sono presenti 800 militari americani. Il Pentagono sta costruendo una base da 110 milioni di dollari per i droni ad Agadez, in modo da assicurare supporto tecnologico a francesi, italiani e tedeschi impegnati a terra.
Russia’s TASS news agency reports that Moscow plans to sign a military cooperation deal with Niger, focused on international security and the war on terror. A nord di Agadez ha investito Gazprom il colosso russo dell’energia. Niger’s ruling military junta has awarded Russia’s Gazprombank rights to explore and produce uranium at two sites, according to a statement read over state TV late on Thursday, scriveva la Reuters nel 2011.
Gentiloni quando presentava la missione italiana in Niger parlava di “nuove opportunità da cogliere”. Ndasuunye quando mi ha chiesto di contattare di contattare l’ANSAD, une organisation qui oeuvre pour un développement durable au Niger, parlava di un pozzo per estrarre l’acqua.